La fatturazione telefonica a 28 giorni, anziché a mese.

La fatturazione telefonica a 28 giorni, anziché a mese.

Fatturazione a 28 giorni delle compagnie telefoniche: un po’ di chiarezza

Tra la fine del 2016 e gli inizi del 2017 i principali operatori del mercato della telefonia inaugurano, per iniziativa unilaterale, la stagione della fatturazione a 28 giorni dei servizi telefonici in abbonamento, in luogo di quella a periodicità mensile praticata sino a quel momento in base al contratto.

L’espediente comporta che le Compagnie telefoniche emettano 13 fatture nell’anno solare anziché 12; esso non ha – quindi – mere finalità contabili di riorganizzazione del sistema di riscossione dei canoni, ma comporta un malcelato incremento dei costi annuali degli abbonamenti convenuti con gli utenti.

Seguono le vibrate proteste delle Associazioni di Consumatori, l’intervento regolatore dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), i procedimenti giudiziari instaurati innanzi al TAR del Lazio, l’intervento del Legislatore che ripristina la fatturazione a mese ed a multipli di mese dei canoni degli abbonamenti telefonici.

Tuttavia, rivendicando uno ius variandi concepito come svincolato da ogni limite legale, le Compagnie telefoniche continuano ancor ora a dribblare tanto le sentenze dei giudici quanto le delibere dell’Autority; infine, se pur riconoscono il vincolo legale di riportare a mese il periodo di fatturazione, decidono di mantenere comunque gli incrementi di canone (stimati nell’8,6%) sinora conquistati con un espediente stimmatizzato come indebito.

Per le Compagnie telefoniche si prospetta però un ulteriore inciampo: tutte le loro decisioni – da quella di adottare la fatturazione a 28 giorni, a quella di mantenere gli aumenti contrattuali conseguiti sinora con quel sistema indebito – mostrano un sospetto sincronismo, tanto da destare l’interesse all’intera vicenda dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la quale – ipotizzando l’esistenza di accordi anticoncorrenziali fra le Compagnie telefoniche raggiunti a danno dei consumatori – ha dato avvio ad una procedura istruttoria per sospetta violazione delle normativa europea e di quella nazionale poste a tutela della liberalizzazione dei mercati.

Si tratta di un intervento in qualche modo quasi prefigurato in tre sentenze del TAR Lazio (nn. 3261/2018; 3259/2018; 32/58/2018), le quali incidentalmente rilevano, infatti, che gli incrementi tariffari conseguenti alla mutata periodicità della fatturazione, diffusi entro breve tempo e con analoghe modalità tra tutti gli operatori, costituiscono “circostanza, quest’ultima, di competenza tuttavia di altra Autorità, regolatrice della concorrenza e del mercato”.

A prescindere da quel che saranno le conclusioni dell’Authority per la concorrenza al termine di detto procedimento, è comunque importante evidenziare che le Compagnie telefoniche, parti ricorrenti nei richiamati procedimenti innanzi al TAR Lazio, condividono un’unica ideologia di fondo: il potere unilaterale di cambiare le condizioni contrattuali delle Compagnie telefoniche non trova limiti, certamente non li trova nelle deliberazioni dell’Authority per le Garanzie delle Telecomunicazioni perché esse lederebbero “il diritto di autodeterminazione dell’impresa e l’autonomia imprenditoriale, introducendo un fattore di distorsione nella dinamica competitiva perché eliminerebbe una variabile di competizione fra diversi offerenti”. Si tratta all’evidenza di un ben distorto modo di vedere le cose, atteso che, in genere, nei mercati liberi la competizione si realizza, a parità di qualità e quantità dei prodotti offerti, abbassando il prezzo del proprio prodotto e non alzandolo. Ma, evidentemente, stiamo parlando dell’«economia» di altri tempi, non della «new economy»!

Un Consumatore

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